Terzigno che vuole vivere…

Berlusconi dice che a Terzigno tutto e circoscritto a pochi facinorosi. Chissà se almeno ha un’idea precisa di dove si trivi questo paese del vesuviano che la storia recente ha visto distrutto ben tre volte dal vulcano “Vesevo”. Lo ricorda lo stemma del comune reca l'immagine del Vesuvio e il motto "Ter Ignis" (tre volte il fuoco), e da cui si ritiene derivi il nome del paese. Fino a pochi anni fa a monte della cittadina di Terzigno sussisteva una flora ed una fauna di indiscusso valore naturale e scentifico e il suo fertile suolo vulcanico ha finora consentito la tradizionale attività della viticoltura, e la produzione del rinomato vino Lacryma Christi ha reso Terzigno famosa nel mondo, prima che arrivasse la “mondezza” a ricoprire le voragini dell’ex Cava Sari dalla quale veniva estratto lapillo vulcanico per scopi edili.

Nei pressi dell’epicentro di tutte le recenti battaglie per la vita, per l’aria da respirare, per la rivendicazione di essere normali cittadini italiani, alla rotonda Zabatta l’innesto con la strada Panoramica che conduce verso i santuari della nuova economia vesuviana, quella delle sale da ricevimento e i ristornati, indotto messo in ginocchio in questi ultimi mesi di aspra battaglia e dai miasmi dell’immondizia che sta desertificando un angolo di paradiso. Ora si muore.

La politica è imbarazzata. Oltre il 73% dei votanti alle ultime regionali incrociarono le matite sul nome del governatore Caldoro, un anno prima sancirono la vittoria di Cesaro alla provincia. Oggi il loro primo cittadino, Auricchio, con le gigantografie di Silvio Berlusconi appese nel suo ufficio, si vede voltare le spalle proprio da Lui. E Terzigno muore, viene presa a “manganellate” solo perché ha rivendicato il diritto a vita normale, dove i bambini non devono sperare di morire di leucemia o altre terribili malattie generate dall’uomo.