La domenica del villaggio. Le favole esistono…

Domenica. E’ gelida. Le anime e le menti di questi piccolo “villaggio” di affetti, tradizioni e ricordi riposano. C’è il tempo di sorseggiare un cappuccino, accendere l’iphone, leggersi qualche post, moderno sostituto delle più affascinanti veline e poi guardare fuori dalla finestra. Il cielo è antracite come le sciarpe indossate da alcune giovani che corrono frettolose sugli ultimi “basoli” del centro storico, abitato di notte dalla nuova generazione di giovani, gran consumatori di birre e panini nei colorati ritrovi delle vene dell’antico borgo angioino. Anche oggi nel “villaggio” cittadino la vita scorre silenziosa, sullo sfondo musichette delle play station e delle nintendo, della generazione dei più piccini, virtuale e lontana da quelle favole, passate e remote, narrate, che per i più grandi sono ancora possibili.

Il cronista, o meglio l’affabulatore, cerca la storia. La trova. Ai margini della periferia, ora divenuta area residenziale, senza PUC, al primo piano di una nuova e bella costruzione, la penna narrante si insinua nel lettuccio caldo di “Lelluccio”, il Nostro piccolo grande personaggio, che ha già occupato molte righe di questi “post”. “Lelluccio” vive da tutta la sua vita immobile, in un’altra dimensione, si affaccia alla vita reale sollecitato dall’amore dei suoi cari: Filomena, Gianfranco, Lello jr, Luigi e la “Nonna” Amendola. Un anno fa la cupa mietitrice provò a rapirlo all’affetto dei suoi cari. Ma con l’arma dell’amore, piuma leggiadra, sconfisse la falce funesta. “Lelluccio” seppe vivere, superando, con l’aiuto degli ultimi medici sopravvissuti ai tagli della sanità, ad infezioni, batteri e stafilococchi, i temuti orchi dell’inconscio.

“Lelluccio” ha un grande dono, seppure gli manca la dote della parola: lo sguardo. I suoi occhi sanno parlare e raccontare il mondo visto dal cuscino. Il bianco soffitto della sua casa è abitato da elfi e creature immaginarie che si librano su bellissime piume. Nelle notti insonni lo caricano e lo fanno volare nella sua vera dimensione: quella delle favole, dove “Lelluccio” rincorre idee alate, piroettando, su prati di parole fiorite, adombrato da nuvole cariche di pensieri e di aspettative. La sua mano mi ha spinto a scrive questo post. Li in quel lettuccio coperto di premure e di instancabile amore c’è solo il suo corpo, il resto vive, scindendosi, quotidianamente, nella forza di Mena, nella fantasia creativa di Jean, nella giocosa dinamicità di Lello Jr e di Luigi e nell’amore materno della sua mamma. “Lelluccio” è qui, abitante del “villaggio” fiero sfidante del tempo e dei giorni che cadono dal calendario, come foglie secche dai rami. Supportato dall’amore. Un valore raro ma inestimabile.

Non si sente nemmeno più la campana della chiesa. Domenica asettica. Mi soffermo brevemente, per un fatto puramente affettivo, a parlare della possibile scomparsa del III Circolo Didattico di Angri. Mi tocca e devo. Scrivo con una punta di maturata malinconia, mentre la burocrazia dei numeri infiniti cerca, in modo fallace, di cancellare, come un cassino sulla lavagna, ricordi irripetibili, vissuti al III circolo, quello del Mio amico e compianto “direttore” Guastatore, unico vero grande artefice di quella splendida realtà scolastica, un po’ anticonformista, che ebbe la sua maggiore carica intellettiva e didattica a ridosso degli anni novanta e duemila. Allora c’erano la maestra Adalgisa, il professore Aversa, la maestra Paolillo, che ora gli fanno compagnia da qualche parte nel cosmo. Dodici anni fa, “Jean” Guastatore, esiliò da quella realtà. Provò a dimenticarla, cercò di sostituire il laghetto delle paperelle, costruito con l’aiuto di Franco Lavalle, con altri artifizi, provò almeno per un tempo, di non pensare più alla sua Italia in miniatura, ma era un viaggiatore, e certe cose non si possono cancellare. Il tempo, intanto, stava degradando anche il plesso, il gioioso e infantile fermento degli alunni si spostò poco più avanti, in un nuovo e moderno plesso. La vecchia scuola, come in una delle favole, elaborate da ogni mente, restava senza la sua vera anima: i bambini e i ricordi, in attesa di essere demolita. Oggi anche quel che resta del III Circolo potrebbe rimanere solo un affettuoso reperto di poche memorie, cancellato. Credo che da qualche parte nel cosmo “Jean” voglia che sia così. Irripetibile.
Luciano Verdoliva