Servizi sociali allo sbando. Ieri mattina sono stato occupati, per l’ennesima volta, dalla disperazione della signora M.C. che rivendica il diritto a lavoro. Un lavoro, a quanto sembra, promesso dall’apparato amministrativo, come si legge e si evince nella lettera affissa, anche se per pochi minuti dalla stessa donna disperata, sui cancelli del centro sociale di Via Cristoforo Colombo, dove quotidianamente va in scena, senza grande coinvolgimento dei responsabili e dell’assessore delegato, la drammatica disperazione di chi si aggrappa al terzo settore almeno per sussistere alle vicissitudini e alla crisi sempre più marcata. M.C. ha inteso esporre, ancora in maniera eclatante, le sue ragioni e attirare l’interesse dell’opinione pubblica e della stampa. La lettera pone l’attenzione sulle contestate modalità di reclutamento adottate dal comune.
La signora C.M., infatti, nella lettera affissa nei pressi degli uffici dei Servizi Sociali, racconta la sua odissea per rivendicare il suo diritto al lavoro: “ Dopo sei mesi di lunga attesa chiudendomi nei bagni dei Servizi Sociali – scrive – ero alla disperazione completa, poi la Marciano (il dirigente dell’UOC chiamata in causa ndr) mi fece uscire promettendomi di aiutarmi”. La lettera continua con il racconto del suo peregrinare negli uffici di Via Colombo, spiegando che dopo quattro mesi di vane promesse fu costretta a legarsi nuovamente ad un divano mentre, sempre secondo la donna, la stessa dottoressa Marciano avrebbe dichiarato alla stampa di non “essere un collocamento”. La donna scrive ancora che il sindaco “che era già informato sui fatti” l’avrebbe convocata e dopo il colloquio intercorso “chiamò la Tempor di Salerno” per farla reclutare. La donna sostiene che il primo cittadino avrebbe “mandato a lavorare oltre 500 persone a rotazione per un mese” aggiungendo di essere stata inclusa in quell’elenco, che sarebbe stato anche viziato da decisioni sui tempi di lavoro.
“ A chi ha voluto Lui, però, ha fatto lavorare oltre un mese” affermando che i prescelti avrebbero lavorato “anche tre mesi” penalizzando, sempre secondo la M.C.: “quelli che non hanno nulla come me”. Secondo, quanto afferma, la donna sarebbero state privilegiate “perone benestanti che non ne hanno affatto bisogno”. Un atto d’accusa grave che apre gravi dubbi sulle possibili ingerenze e inquietanti scenari sulle modalità di reclutamento e l’assunzione a tempo. Metodi arrivati all’attenzione dell’opinione pubblica, proprio grazie a questa pubblica denuncia, che mettono sul tavolo degli imputati l’amministrazione comunale e lo stesso primo cittadino, che, gioco forza, da “intermediario disinteressato”, si trova a dovere controbattere accuse ben circostanziate di chi rivendica il suo diritto al lavoro senza condizionamenti e privilegi.
Luciano Verdoliva