“Di fatto mentre continuiamo a discutere del progetto della nuova rete fognaria, noi viviamo in una città seduta sui propri liquami” è così che sintetizza la sua lunga osservazione l’ingegnere Gianpiero Russo, docente alla Federico II° di Napoli. Russo ha studiato a fondo la relazione che i tecnici hanno allegato al progetto esecutivo della nuova rete fognaria, opera da 28 milioni di euro, di cui 19 già appaltati e in procinto di partire. Si vuole dimostrare il perché è importante avviare i lavori alla luce della bomba ecologica che scorre sotto i piedi degli scafatesi.
“Scafati è una città di circa 49000 abitanti, recita la relazione datata 2007. Si stima che circa il 35% della popolazione viva in ambiti non serviti da fognature. Le attività di progettazione sono iniziate nel 2000 e, come si sa, nel 2014 i lavori non sono nemmeno iniziati – spiega l’ingegnere Russo – Quel che è peggio è che il progetto a molti non piace e gran parte della polemica ruota intorno al possibile riutilizzo del Canale Conte Sarno per evitare la costruzione di vasche di laminazione delle acque. Senza voler entrare nel merito della polemica è utile però ritornare ai dati richiamati. Considerando i consumi medi d’acqua di un cittadino del sud Italia una famiglia di quattro persone produce in un giorno circa 1 metro cubo di acque nere. Sulla base delle percentuali riportate nella relazione di progetto si evince che circa 17000 scafatesi paria circa 4300 nuclei da quattro persone non sono serviti da fognatura. Ogni giorno dunque a Scafati ci sono 4300 mc di liquami da smaltire con autobotti. Ogni due giorni circa 1500 autobotti di grandi dimensioni dovrebbero essere viste in giro per le strade di Scafati. Se per caso non ne avete viste così tante in giro deve accadere qualcosa di diverso: forse le vasche hanno qualche “buco” e perdono liquami nel sottosuolo?” osserva perplesso Gianpiero Russo.
Se 17mila scafatesi dovrebbero avere vasche settiche (e non pozzi neri) la restante fetta di popolazione è allacciata alle fognature, ma anche qui la situazione non è molto diversa. Il docente universitario spiega perché: “Nella stessa relazione si leggono ad esempio elencati in bell’ordine i recapiti del parziale sistema fognario attualmente esistente. Il semplice citarli dovrebbe indurci ad ulteriore riflessione. Giusto per citarne qualcuno: Via Diaz nel fiume Sarno direttamente ad una quota di circa 5 m slm; Via Montegrappa, nel canale Bottaro ad una quota di circa 10 m slm; Via Melchiade, Via Macello e Via S. Antonio Abate, tre scarichi diretti nel rio Sguazzatorio a quote di circa 9 m slm; fabbricati IACP Mariconda nel fiume Sarno; Zona San Pietro, vari scarichi diretti nel Controfosso destro. In altre parole è utile riflettere sul fatto che le nostre acque di scarico domestiche, con tutto quello che ci buttiamo negli scarichi, finiscono in buona parte non depurate nel nostro sottosuolo direttamente attraverso i “buchi” delle vasche a tenuta oppure direttamente senza alcuna depurazione nel reticolo dei canali che alimentano il Sarno e nel Sarno direttamente – l’amara conclusione di Russo – viviamo in una città seduta sui propri liquami”.
Ad oggi non è dato sapere se la falda acquifera, che a Scafati scorre piuttosto alta, sia contaminata e in che misura. E’ certo però che stiamo inquinando ancora sia il sottosuolo che il fiume Sarno. Ecco perché solo il nuovo sistema fognario può far ripartire i lavori di bonifica del Sarno, mettendo fine allo scarico delle acque nere e reflue nelle sue acque. I lavori, previsti inizialmente in avvio a Gennaio, ad oggi sono ancora fermi, nonostante siano stati già appaltati. Il motivo lo spiega il primo cittadino Pasquale Aliberti: “C’è bisogno del placet del commissario Cioffi, colui che sostituisce Jucci. Essendo in regime di prorogatio, credo, questa settimana verrà sostituito o riconfermato. L'impresa è già in allerta per iniziare i lavori”. Placet per un progetto approvato e finanziato? Burocrazia, no? “Anche di più. Con il decreto già firmato. È l'Italia” la conclusione di Aliberti.
Adriano Falanga