Il 4 Ottobre 2014 è ricorso il cinquantenario della inaugurazione della Autostrada del Sole da Milano a Napoli per 755 km. Circa quattro anni per sviluppare il progetto, ottenere i pareri e le fonti di finanziamento, ed otto anni dal 1956 al 1964 per completare l’opera. Chiunque sia appena un po’ informato sull’andamento delle opere pubbliche nel nostro paese sa che tali tempi oggi sarebbero una chimera, sia per un’opera analoga ma anche per realizzazioni meno complesse ed impegnative. Le cause? Semplici da individuare, per esclusione. Nel campo tecnico le competenze certamente non sono peggiorate. Anzi. Gli strumenti teorici e pratici a disposizione dei tecnici sono di gran lunga superiori a quelli di cinquant’anni fa quando si lavorava con tavolo da disegno, matita, bloc-notes e calcolatrice meccanica. Gli approcci e le teorie a livello universitario hanno fatto progressi e tutti i fenomeni, come in altri campi, sono conosciuti ed affrontati meglio.
La preparazione dei tecnici quindi e la loro capacità di elaborazione è certamente migliore. Vogliamo parlare della capacità esecutrice delle imprese di costruzione? Risulta perfino banale osservare che i mezzi e le tecniche produttive disponibili attualmente nei cantieri risultano molto diversi, molto più performanti, ed anche molto più sicuri di quelli utilizzati cinquanta e passa anni fa. La velocità di scambio delle informazioni non trova paragone, grazie ad internet un progetto, un documento, può essere trasmesso in tempo reale da un estremo all’altro dell’Italia mentre negli anni cinquanta si poteva utilizzare solo il trasporto materiale mediante il servizio postale. Se facessimo riferimento a questi tre fattori ne risulterebbe che un’opera pubblica dovrebbe essere progettata e completata in tempi molto più rapidi di quanto avveniva nei decenni scorsi. Evidentemente vi sono altri motivi che hanno peggiorato invece la situazione e non solo controbilanciano i progressi della scienza e della tecnica, ma producono lungaggini di gran lunga superiori ai suddetti progressi. Questi altri fattori possono essere riassunti con un solo termine: processo decisionale. Eh si la differenza tra le opere pubbliche che si svolgevano anni fa e quelle attuali sta tutta lì. Un processo decisionale che è somma di: decisioni politiche, pareri di enti pubblici, autorizzazioni. Questo è il vero nodo del problema ed è alla base del nostro declino e della nostra perdita di competitività.
Le decisioni politiche sono stratificate su più livelli, con competenze spesso non distinte ma concorrenti per cui occorre trovare accordi tra stato, regione, provincia, comunità montana, comune. I pareri e le autorizzazione da ottenere prima della esecuzione di un’opera sono in assoluto numerosi ma soprattutto presentano ampie zone di sovrapposizione ed incertezza tra diversi enti e soggetti (Ministeri, Soprintendenze, Autorità di bacino, Consorzi di Bonifica, Enti parco, Enti d’Ambito per ciclo acque, Concessionari di pubblici servizi, Arpac, Uffici regionali con competenze specifiche tipo Genio Civile-Ambiente, Uffici provinciali con competenze specifiche tipo Ambiente, Strade, etc….). La lista è solo esemplificativa e potrebbe continuare per alcune pagine. Tali sovrapposizioni di competenze non si chiariscono spesso nemmeno in sede di conferenza di servizi nella quale gli enti più che tendere ad esprimersi per quanto di competenza e prescrivere quanto necessario alla realizzazione dell’opera sono spesso rappresentanti da funzionari preoccupati solo di assumere posizioni sfumate (della serie si capisce e non si capisce) o aprioristicamente categoriche sul negativo, in entrambi i casi con lo stesso fine: chiamarsi fuori da eventuali possibili responsabilità future. In sostanza il nostro paese arretra perchè il processo decisionale politico ed amministrativo non funziona.
Pare sia anche abbastanza chiaro a molti ma nessuno riesce a farci niente. Non per ripetermi ma una delle cause di questa paralisi sono anche le autonomie regionali eccessive. Se negli anni ’50 quando è stata avviata la progettazione dell’Autostrada del Sole fossero esistite le 6 (sei) regioni attraversate dal tracciato non credete che oggi si starebbe ancora discutendo su dove far passare la stessa Autostrada con ogni regione intenta a proporre una soluzione diversa e quindi incompatibile con le regioni confinanti?
Michele Russo