Pompei. Omelia del Cardinale Marcello Semeraro su Venerabilità Toppi
Torno qui a Pompei con profonda emozione; dettata certamente dalla mia personale
devozione alla Vergine del Rosario, appresa sulle ginocchia della mia mamma, e legata
pure alla cara memoria del beato Bartolo Longo. Il Decreto super virtutibus , letto
all’inizio di questo Rito, ci ha ricordato che mons. F. S. Toppi «con insistenza propose
il Beato Bartolo Longo quale modello di fede e di pietà». Oggi, però, siamo qui per
guardare proprio alla figura di questo fra te minore cappuccino e vescovo – prelato qui a
Pompei dal 1990 al 2000 , ora dalla Chiesa dichiarato Venerabile.
Lo incontrai in questo Santuario, quando vi giunsi divenuto vescovo di Oria – la chiesa
dov’è Latiano, terra di origine di Bartolo Longo – e da lui ricevetti in dono l’anello
episcopale con riprodotta l’immagine della Madonna. È l’anello che ho scelto di
portare per questa solenne liturgia, voluta dal carissimo arcivescovo Tommaso Caputo,
che nel 2014 introdusse la Causa per la Beatificazione e la Canonizzazione ed oggi ha
la gioia di vederne conclusa una fase importante. Lo ringrazio di cuore per aver mi
voluto in questo corale momento di lode al Signore e, insieme con lui, saluto i fratelli
Vescovi concelebranti, i membri del Clero, i consacrati e le consacrate e voi tutti, fedeli
e pellegrini, insieme con le Onorevoli Autorità presenti.
In questo momento, però, è alla Parola di Dio proclamata, che dobbiamo prestare la
massima attenzione ; soprattutto a l racconto del Vangelo: una donna sorpresa in
adulterio e portata davanti a Gesù. Sono impresse nella memoria le parole con le quali
sant’Agostino ha più volte scolpito la scena finale: «Tutti uscirono di scena. Soli
restarono, lui e lei; restò il Creatore e la creatura; restò la misera e la misericordia; restò
lei consapevole del suo reato e lui che ne rimetteva il peccato» (Sermo 16A, 5: PL 46,
901 ) . E un’altra volta dice : «Partiti tutti, rimase la peccatrice con il Salvatore. Rimase
l’ammalata con il medico. Rimase la misera con la misericordia» ( Sermo 13, 5: PL 38,
109). Loro due soli: la misera e la misericordia (cf. In Joannis evangelium tractatus
33, 5: PL 35, 1650).
Non ci emozioniamo, questa sera, nell’udire la parola misericordia ? A risentirla in
questo Santuario , dove risuonano le parole della Supplica: « Vedi, o Madre, quanti
pericoli nell’anima e nel corpo, quante calamità e afflizioni ci costringono. O Madre,
implora per noi misericordia dal Tuo Figlio divino e vin ci con la clemenza il cuore dei
peccatori. Tu, come Madre nostra, sei la nostra Avvocata, la nostra speranza. E noi,
gementi, stendiamo a te le mani supplichevoli, gridando: Misericordia! Misericordia
per tutti, o Madre di Misericordia! ».
2 . Riflettiamo, ora, sulle le tre parole di Gesù, che il racconto evangelico di questa sera
ci ha trasmesso La prima è rivolta a quegli che gli avevano portato la donna: «S i alzò
e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei ” . Questa
è una parola che responsabilizza. Quante volte anche noi, come gli scribi e i farisei del
racconto, siamo pronti a guardare agli altri per valutarli, giudicarli, parlar n e male,
irridere… Gesù , invece, ci dice: guarda anzitutto a te stesso, prenditi cura di te stesso!
Commentando il testo della lettera ai Galati, che dice: «Fratelli, se uno viene sorpreso
in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza. E tu
vigila su t e stesso, per non essere tentato anche tu» (6,1 – 2) , papa Francesco ha detto:
«Quando siamo tentati di giudicare male gli altri, come spesso avviene, dobbiamo
anzitutto riflettere sulla nostra fragilità. Quanto facile è criticare gli altri! Ma c’è gente
che sembra di essere laureata in chiacchiericcio. Tutti i giorni criticano gli altri. Ma
guarda te stesso! È bene domandarci che cosa ci spinge a correggere un fratello o una
sorella, e se non siamo in qualche modo corresponsabili del suo sbaglio» (Catechesi
del mercoledì 3 novembre 2021).
La seconda parola di Gesù è rivolta alla peccatrice: «S i alzò e le disse: “Donna, dove
sono? Nessuno ti ha condannata? ” Ed ella rispose: “Nessuno, Signore”. La parola di
Gesù ci incoraggia a riscoprire noi stessi stando sol i con lui solo. È il richiamo alla
coscienza morale. Il venerabile Pio XII ne ha lasciò una mirabile descrizione, poi
ripresa dal Vaticano II. Disse: «La coscienza è come il nucleo più intimo e segreto
dell ’ uomo. Là egli si rifugia con le sue facoltà spirituali in assoluta solitudine: solo con
se stesso, o meglio, solo con Dio – della cui voce la coscienza risuona – e con se stesso »
( Messaggio radiofonico sulla retta formazione della coscienza cristiana nei giovani, 23
marzo 1952: AAS 44 (1952) , 271 ; cf. Gaudium et spes , n. 16) . È una solitudine ben
diversa dal concentrarsi su di sé e un esaurirsi in sé; è una solitudine che è agli antipodi
dallo scegliere se stessi come principio del vero e del falso, del giusto e dell’ingiusto,
del bene e del male. È una solitudine , invece, che è abitata dalla compagnia di Dio, la
compagnia che Dio stesso vuole avere con ogni essere umano.
La terza parola di Gesù è rivolta di nuovo alla donna: «Neanch’io ti condanno; va’ e
d’ora in poi non peccare più» . Per questa donna è l’apertura al futuro. Quel d’ora in
poi è la possibilità nuova che le apre la misericordia del Signore. È il cuore del Vangelo
per tutti coloro che accolgono il lieto annuncio del perdono. Abbiamo ascoltato dal
p rofeta Isaia l’esortazione: « Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose
antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?»
( Is 43,18 – 19). S an Paolo , poi, il grande «convertito» dalla Legge alla Libertà pasquale ,
ci ha confida to : «Di menticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta
di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo
Gesù» ( Fil 3, 14).
3. N el contesto di quest a Parola di Dio, carissimi, questa sera possiamo considerare
anche il venerabile Francesco Saverio Toppi. Un a sua penitente ha dichiara to : « Aveva
una grande fiducia nella Misericordia di Dio e insegnava a noi che ci lasciavamo
dirigere da lui, questo concetto che Dio è amo re e misericordia; anche nella
confessione marcava fortemente questo concetto, invitando a non disperare del
proprio peccato ma a fidarsi dell’infinita misericordia di Dio» ( Summarium Testium ,
Teste XL, § 501 ) . In effetti, u na frase che egli ripeteva spesso è questa: « Io sono
peccato. Dio è Misericordia » ( Summarium Testium , Teste IX, § 151 ).
In questa umiltà, che è poi la radice di tutte le virtù, il nostro Venerabile, «restò
sempre, in semplicità e letizia, unito nel vincolo di Madonna Povertà, verace
discepolo di San Francesco di Assisi » ( Decretum super virtutibus ). C on una vita
permeata di carità, non ostentata ma vissuta egli si privava anche del poco che aveva
per donarlo a chi er a nel bisogno. Davanti al povero e al sofferente – diceva –
possiamo dire con l’apostolo Tommaso: «Signore mio e Dio mio» ( Omelie e Prediche
a cura di M. Noviello, Marna ed., Barzago 2011, 45). Il fedele popolo di Dio percepì
ben presto il profumo delle su e virtù e quando passò da questo mondo alla casa del
Padre disse: «è morto un santo, abbiamo un santo in Paradiso» ( Summarium Testium ,
Teste XXIII , § 347).
Ora, però, ascoltiamo almeno una parola da lui . Ne s celgo uno, più consona col tempo
liturgico che stiamo vivendo e che ci avvicina alla Pasqua. Il nostro Venerabile usava
ripetere una frase , che ha il sapore degli apoftegmi degli antichi padri del deserto. È
questa: «Per il Mistero della Pasqua, quando le cose v anno male, allora vanno bene»
( Informatio , p. 13) . A me pare un bagliore , che si irradia dalla storia di Emmaus. «Noi
speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele … », è la frase sfiduciata
che pronunciano i due discepoli , convinti che tutto fosse andato male . Quando però
riconoscono il Risorto, esclameranno: « Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre
egli conversava con noi lungo la via …?».
Con la sua intercessione, la Vergine del Santo Rosario c i ottenga un simile ard o re del
cuo re. « La gioia del Vangelo – ci ricorda il Papa – riempie il cuore e la vita intera di
coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati
dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo
sempre nasce e rinasce la gioia » (Francesco, Esort. Apost. Evangelii gaudium , n. 1).