L’appello di cittadini e appassionati per il recupero delle chiese del complesso dell’Abbazia di Santa Maria di Realvalle. Il luogo di culto cistercense è da decenni colpito da un fenomeno di sempre più graduale abbandono, un vero peccato per un sito che raccoglie circa 800 anni di storia.
Il complesso
Un simbolo di Scafati e di contrada San Pietro, completamente soffocata nella realtà urbanizzata di via Lo Porto. E’ la storia dell’abbazia costruita nel lontano 1274 per volontà di Carlo D’Angiò, destinata ad essere un centro eterno della vita sociale e religiosa, ma ora sempre più decadente. L’area era stata affidata negli ultimi anni alle suore alcantarine, costrette ad abbandonare l’abbazia dopo la relativa notizia di trasferimento. Parte del grande complesso è ormai da tempo diventato un istituto di formazione primario, a differenza delle tre costruzioni clericali che insistono sul luogo e che potrebbero rappresentare al meglio un volto della storia scafatese.
Le chiese
La prima chiesa fu costruita nel XIII secolo per poi essere in parte distrutta da un evento sismico nel XV secolo, periodo nel quale fu costruita un secondo edificio. L’ultimo santuario è però forse quello più conosciuto dagli appassionati. Costruito nel 1700, la chiesa presentava molti elementi barocchi, prima di essere in parte spogliata del suo materiale inestimabile. In alcuni casi precedenti proprietari negli anni hanno provveduto a salvaguardare opere artistiche e reliquie, che insistono nei comuni limitrofi. E’ il caso dello storico quadro che raffigura il sogno di Carlo D’Angiò, che nel bosco di una Scafati antichissima ebbe in visione la Madonna tra le corna di una cerva, una trasfigurazione del risultato militare che sarebbe stato raggiunto in quei mesi a Benevento. Il quadro in questione è ad oggi custodito a Sant’Antonio Abate.
Una richiesta di impegno
Davanti a così tanta ricchezza ed opportunità, le risposte di politica e non solo sono sempre tardate ad arrivare. Al tempo stesso sono stati registrati in molti casi episodi di sversamento e di degrado, che hanno in parte rovinato il patrimonio esterno. Per questo si leva forte l’appello dell’appassionato Michele Cavallaro, che cerca di spronare cittadini e futuri amministratori ad interessarsi alla vicenda. “Il quadro che era nella chiesa settecentesca pur non avendo un grande valore artistico è altamente rappresentativo per l’abbazia di Santa Maria di Realvalle. Il quadro è ora presso i Padri Dehoniani a Sant’Antonio Abate .Un obiettivo che potremmo darci è cercare di riportarlo nell’unico luogo che gli compete per storia e tradizione. Santa Maria di Realvalle” sono le considerazioni di Cavallaro “C’è bisogno di mettere in campo intelligenze e risorse, avendo la capacità di sedersi a tavolo con l’attuale proprietà clericale per far incominciare un nuovo percorso che possa revitalizzare anche l’area, conosciuta solo per episodi di incidenti stradali e degrado”