Il canone Rai tornerà a 90 euro nel 2025, una notizia che deluderà molti italiani.
Infatti, la legge di bilancio non ha prorogato il taglio del canone, che nel 2024 era sceso a 70 euro grazie alla manovra precedente.
La decisione di ripristinare l’importo è emersa dal testo firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, inviato alla Camera senza alcun riferimento al previsto taglio.
Un eventuale emendamento potrebbe però modificare la situazione durante il dibattito parlamentare.
La misura di riduzione del canone, approvata in precedenza sotto la spinta della Lega, aveva previsto un contributo di 430 milioni di euro per lo sviluppo del servizio pubblico nel 2024.
Il Codacons ha avvertito che i consumatori, dopo un biennio di rincari, potrebbero trovarsi di fronte a un ulteriore aumento delle bollette elettriche a causa della mancata proroga del canone ridotto.
Dal 2016, il canone è dovuto da chiunque possieda un apparecchio televisivo, e il pagamento avviene tramite l’addebito nella bolletta elettrica. Prima della riduzione a 90 euro, il canone generava introiti per circa 1,9 miliardi di euro all’anno.
Se non si proroga il taglio, le famiglie italiane potrebbero affrontare un incremento di spesa annuale di 420-430 milioni di euro a partire dal 2025.
L’introduzione del canone Rai nella bolletta elettrica ha cercato di ridurre l’evasione, che era molto elevata.
Tuttavia, la Commissione europea ha più volte criticato questa modalità di riscossione, chiedendo all’Italia di rivederla. Nonostante le promesse di intervento, finora non sono stati fatti passi concreti per conformarsi alle indicazioni europee.
Sebbene il provvedimento per il mantenimento del canone a 70 euro non sia presente nel testo della legge Finanziaria, si ipotizza che durante il passaggio alle Camere possa essere presentato un emendamento per confermare l’importo ridotto.
Tuttavia, trovare le coperture finanziarie necessarie per i 430 milioni di euro di mancati introiti sarà cruciale.
Il Consiglio di amministrazione della Rai ha espresso preoccupazione per le misure previste nella manovra, avvertendo che potrebbero limitare l’autonomia del servizio pubblico e avere ripercussioni sull’occupazione e sull’indotto.
La situazione rimane quindi in evoluzione, con possibilità di cambiamenti in vista del 2025.