Reati fallimentari, nei guai 5 persone

Nell’ambito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli di Napoli Nord, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli e del I° Gruppo della Guardia di Finanza di Napoli hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari emessa dal Gip del Tribunale di Napoli Nord nei confronti di cinque persone, per reati fallimentari riguardanti il dissesto di una società di Arzano operante nel settore delle costruzioni edili, fallita nel 2015, ed in particolare, quali amministratori di fatto e di diritto, per aver distratto l’intero patrimonio aziendale, ammontante a quasi 3 milioni di euro, al fine di arrecare pregiudizio ai creditori.

Secondo l’ipotesi accusatoria avvalorata dal Giudice, i componenti della società, nel tempo si erano alternati, ricoprendo cariche di amministratore, facendo sì che gli interessi personali dei medesimi si sovrapponessero a quelli della società poi fallita, coinvolgendo anche altri soggetti giuridici riconducili allo stesso nucleo familiare.

E’ emerso, inoltre, che il fallimento della società in questione è stato determinato, in via prioritaria, da debiti tributari maturati negli esercizi finanziari tra l’anno 2008 e l’anno 2012. In particolare gli indagati sono accusati di aver sistematicamente operato lo svuotamento delle casse della società in argomento attraverso cessioni di beni o di quote, bonifici o emissioni di assegni circolari nei confronti di prestanome orbitanti nella sfera delle società gestite dalla medesima famiglia, fino ad arrivare ad un passivo fallimentare di circa € 5.600.000,00.

Le condotte distrattive, secondo quanto contestato agli indagati, sono consistite in cessioni o acquisti di immobili, versamenti sui diversi conti correnti agli stessi riconducibili, cessioni di quote societarie per valori decisamente inferiori rispetto a quelli reali, omesso deposito di scritture contabili e debiti tributari per circa € 6.500.000,00.

Le attività investigative hanno permesso di raccogliere gravi elementi indiziari circa l’esistenza di altre società orbitanti nella sfera di competenza degli indagati, nonché di rilevare la presenza di prestanome utilizzati per la gestione delle varie imprese. A ciò si aggiunge un sistematico ricorso a schemi volti a celare la reale titolarità di beni ed utilità.

Il Gip ha disposto anche il sequestro di quote di partecipazione agli stessi riconducibili, detenute da una holding riconducibile agli indagati, che ha nel tempo acquisito dalla società fallita per un valore di quasi 900 mila € le quote societarie ad un prezzo nettamente inferiore al reale, di un terzo soggetto giuridico con sede in Vitulazio (CE).